Quello che è successo venerdì scorso a San Lorenzo, in un quartiere storico della sinistra romana e in particolare della sinistra d’alternativa, è un fatto gravissimo a maggior ragione perché l’aggressione e gli epiteti razzisti provenivano da un importante centro sociale della città. Le giustificazioni e le problematiche che vengono addotte da alcuni responsabili politici di quello spazio sono senza dubbio elementi di cui tener conto ma non possono giustificare quello che è avvenuto. Siamo i primi a dire che le situazioni di emarginazione sociale dei nostri territori non possono essere abbandonate ma proprio per questo c’è bisogno di far crescere quegli elementi di cultura politica e di solidarietà sociale che sono gli unici in grado di fare da anticorpi alla marea qualunquista e fascista che ci sta attanagliando. Non si può abdicare ai valori fondativi della nostra cultura, dai ghetti rom alle baraccopoli dei rifugiati ai quartieri delle nostre periferie, anche a San Lorenzo non rinunceremo a questi stessi valori. Nonostante quello che è successo il circolo Arci Darfur e l’Arci di Roma continueranno a pensare che nel quartiere di San Lorenzo e in quel luogo di via dei Volsci è possibile sviluppare, organizzare e costruire una esperienza importante per la vita dei rifugiati romani e dei profughi sudanesi in particolare.
Il circolo Arci Darfur che è stato colpito dai fatti di venerdì nasce in questa città dall’esperienza dell’insediamento di immigrati e rifugiati della stazione tiburtina, quello che per intenderci il sindaco Veltroni chiamava “Hotel Africa”. I ragazzi del Sudan che fanno riferimento a questo circolo in questi ultimi 10 anni hanno vissuto tutte le contraddizioni del sistema di accoglienza inesistente della città di Roma: assenza di prospettive di lavoro e di abitazione, pochissimi servizi di integrazione e vittime delle politiche razziste dei governi che si sono susseguiti negli anni.
La presenza del circolo Arci Darfur a San Lorenzo è nella prospettiva di sviluppare su quel territorio e verso la città iniziative che parlino dei due grandi aspetti che affronta un rifugiato nella sua vita: la prima, inesistenza di una tutela del diritto di asilo nel nostro Paese (basti pensare alle drammatiche condizioni dell’accoglienza e a tutto quello che è stato costruito sulla vicenda di Lampedusa); la seconda questione è quella relativa al dare visibilità al genocidio del Darfur e alle conseguenze politiche e sociali che da esso ne sono conseguite. Questo attraverso puntuali iniziative di denuncia e controinformazione e alla promozione della cultura del Sudan nel nostro Paese.
Il centro culturale sudanese Arci Darfur può rappresentare una opportunità unica, oltre che per il quartiere, per aprire un dialogo tra tutti quelli che pensano di non aprire una guerra fra poveri nella nostra città. Pensiamo che tutte le componenti sociali e politiche del territorio interessate debbano aprire un confronto sul futuro del quartiere. Noi siamo disponibili e pensiamo che non bastino delle dichiarazioni generiche su quanto accaduto.
Il centro di via dei Volsci 33 è aperto a chiunque voglia promuovere iniziative di solidarietà con la popolazione immigrata nella nostra città. Nei prossimi giorni costruiremo altre iniziative alle quali tutti saranno invitati anche per misurare se effettivamente vi è una disponibilità delle parti sociali e politiche del territorio a stabilire una relazione positiva.
Claudio Graziano, Arci Roma
I fatti in breve:
Venerdì 21 Settembre – inaugurazione centro culturale Arci Darfur
Per le 18 di venerdì scorso era prevista l’inaugurazione del centro culturale Arci Darfur in via dei Volsci, 33 a San Lorenzo. Durante l’inaugurazione i rifugiati sudanesi, in presenza di una bimba di 4 anni figlia di un rifugiato, sono stati aggrediti da alcuni individui prima con un grosso coltello a serramanico poi con un masso ed insultati con epiteti razzisti come “negro di merda torna a vendere banane nel tuo paese”, “scimmia”, “negro ti uccido”. Solo il sangue freddo dei rifugiati e l’arrivo della polizia ha impedito che l’episodio assumesse dimensioni drammatiche. Durante gli scorsi 15 giorni, mentre i rifugiati allestivano il locale per l’evento di venerdì, erano già stati vittime di altre e costanti aggressioni razziste anche con due attentati incendiari verso il locale a mezzo di due bombe carta.
Vedi anche:
http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=33636&typeb=0
http://www.youtube.com/watch?v=_-h6_1_BoTE&feature=player_embedded