Il X Rapporto Annuale di Arci Servizio Civile, presentato a Roma lo scorso mese di novembre, ha assunto in questa edizione un significato molto particolare in quanto è stato dedicato alla descrizione del bando speciale emanato nel 2012 in seguito al terremoto che colpì le regioni dell’Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, e che rappresentò l’unico bando di Servizio Civile pubblicato in quell’anno. Ri-partire dalla cultura e dal patrimonio artistico e Per Daniele: straordinario come voi sono i nomi dei due progetti attivati grazie al predetto bando e chiaramente rivolti all’intervento in fase di post emergenza messo in atto presso alcuni comuni dell’Emilia-Romagna interessati dagli eventi sismici del 20-29 maggio 2012.

Il progetto promosso da ASC, Ri-partire dalla cultura e dal patrimonio artistico, ha coinvolto 50 volontari, e, anche in virtù dell’eccezionalità della sua nascita e gestazione, ha implicato delle caratteristiche peculiari su cui vale la pena soffermarsi e che, eventualmente, possono risultare interessanti anche in vista della discussione riguardante il proposito di transizione dal Servizio Civile Nazionale (SCN) al Servizio Civile Universale (SCU), annunciato negli ultimi mesi dal Governo Renzi. Il Presidente di ASC Licio Palazzini ha infatti affermato che il progetto Ri-partire dalla cultura e dal patrimonio artistico è stato pensato come un “prototipo”, a cui furono legati due importanti obiettivi: innanzitutto l’ambizione di rispondere a un’emergenza con un intervento che estendesse l’efficacia del SC al post-terremoto, e, in secondo luogo, la volontà di coinvolgere nuovi soggetti, anche istituzionali (nello specifico la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia e l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia), con l’intento di far ritornare i beni culturali patrimonio della cittadinanza e di contribuire alla ricostruzione con legalità.
Palazzini individua i fattori di successo del progetto nell’essere stato un percorso condiviso, dove Stato, Regione, Assessorati interni alla Regione, organizzazioni, enti locali e società civile hanno lavorato insieme, e nel fatto che, a monte, sia stato prodotto da parte del Commissario straordinario per gli interventi post-terremoto un decreto che desse la possibilità di iniziare a lavorare: ciò è stato fondamentale per la definizione giuridica del tipo di bando e, a giudizio di Palazzini, considerato il ripetersi delle emergenze in Italia, sarebbe bene che gli interventi del SC in situazioni di emergenza rappresentassero una prassi regolare prevista dalla normativa piuttosto che il frutto di decisioni prese in via straordinaria. Altro elemento di vitale importanza è stata l’esistenza di una sede comune di coordinamento, monitoraggio e rendicontazione fra i vari soggetti.
Alla luce di tali caratteristiche, il progetto Ri-partire ha supposto nel suo complesso un interessante banco di prova per quella che può fattivamente essere un’idea di SCU, cioè un SC slegato da un contingente definito di volontari, il cui numero, del resto, si è andato progressivamente riducendo negli anni considerato il finanziamento destinato al SC dai vari Governi succedutisi dal 2001 in poi. Secondo Palazzini, pensare ad un SCU significa ragionare su missioni nazionali ad alto profilo identitario e ad alta visibilità, che si aprano magari anche alle nuove frontiere dello sviluppo sostenibile, come la green economy, ma che mantengano comunque una dimensione progettuale locale, radicata nel territorio, rispettando in questo la storia del SCN. Immaginare una realtà di decine di migliaia di giovani in SC significa però anche affrontare il carico di lavoro che una cifra di questo livello comporterebbe, e perciò, proprio in tal senso, la collaborazione e l’aggregazione di più soggetti attorno l’asse del SC, come accaduto nel caso del progetto Ri-partire, risulta fondamentale al fine di garantire l’operatività necessaria.
L’idea di un’estensione realmente popolare del SC consente dunque un ripensamento di questo istituto, al fine di implementarne l’efficacia che esso presuppone sia nei confronti del territorio e delle comunità che dei suoi diretti attori, ovvero i volontari e le volontarie (ed è evidente che si tratta dei due lati di una stessa medaglia); sarebbe pertanto possibile ipotizzare che il SC si confronti oltre che con gli interventi di promozione sociale e con le emergenze, che sono comunque di varia natura e riguardano tanto le catastrofi quanto le degenerazioni di processi di lungo periodo, anche con il tema dei bandi innovativi (quelli cioè che coinvolgono le amministrazioni statali), e soprattutto con tipologie di intervento differenziate per tipologia di giovani, così come si è cercato di fare attraverso l’ultimo bando di SCN promosso da Garanzia Giovani. Ulteriore elemento di novità potrebbero essere poi i progetti Italia-Europa, che nel disegno di legge del Governo vengono riferiti come la previsione di un periodo di SC in un altro paese europeo all’interno del proprio percorso di SC in Italia.
Il progetto avanzato la scorsa primavera dal Governo di Matteo Renzi potrebbe dunque aprire le porte a filoni specifici di intervento all’interno di una strategia unitaria, come già accade negli Stati Uniti e in altri paesi europei, tuttavia il fattore finanziario, per ora almeno, rappresenta un dato pessimo, avendo il Governo stesso affossato l’emendamento “Patriarca e altri”, depositato in Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, che avrebbe conferito 200 milioni di euro al SC, limitandosi a garantire invece uno stanziamento di soli 115 milioni, certamente non in grado di assicurare un SC realmente universale.

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