Tutte e tutti con Scup e per una vertenza generale sugli spazi sociali di questa città [Vito Scalisi]
Ma che rigenerazione urbana è quella che espelle da un quartiere proprio chi porta avanti pratiche molteplici, solidali e autogestite di rigenerazione urbana?
E’ quello che sta capitando ai compagni e alle compagne di Scup che entro il 31 dicembre rischiano di vedere cancellata nuovamente la loro esperienza. La prima volta è stata nel 2015 quando vennero cacciati dalla prima sede di Via Nola, a S.Giovanni che, sei anni dopo, è ancora assediata da una muraglia di lamiere di metallo zincato guardate a vista da un vigilantes.
Adesso RFI (Rete Ferroviaria Italiana) vuole liberare gli stabili che ospitano Scup in vista della futura vendita degli edifici, e ancora non è stata trovata una soluzione per mettere in sicurezza il progetto ed evitare lo sgombero. Sottoscriviamo le parole di Scup: «Come a San Lorenzo, anche nel quartiere che circonda la stazione Tuscolana Roma fa guerra agli spazi sociali, schierandosi al fianco degli interessi privati e contro le realtà sociali autogestite, verso le quali dichiara una solidarietà tutta astratta, che non riesce mai a tradursi in azioni concrete».
I capannoni di via della Stazione Tuscolana erano totalmente fatiscenti e in abbandono. Scup li ha recuperati con anni di impegno collettivo, ottenendo anche la bonifica dall’amianto a tutela della salute pubblica, e li ha aperti al quartiere per attività culturali e sportive gratuite o a costi popolari.
Dicono ancora a Scup: «Perdere questa esperienza, questi spazi e servizi di interesse pubblico in nome della finta “rigenerazione urbana” proposta da Reinventing Cities, significherebbe sancire la sconfitta della politica nella gestione della città e del suo destino urbanistico. Se è vero che le ultime elezioni amministrative hanno segnato un cambio di passo nell’amministrazione di Roma, come è stato più volte dichiarato dai loro vincitori, questo è il momento di dimostrarlo dando seguito alle promesse fatte negli scorsi mesi».
Ci saremo anche noi all’assemblea pubblica martedì 21 dicembre alle ore 18,00 tra tutte e tutti quelli che intendono mobilitarsi contro lo sgombero e trovare una soluzione rapida, sicura e stabile per mettere in sicurezza il progetto e aprire una vertenza complessiva in difesa di tutti gli spazi sociali. Perché le vicende di Esc, Scup e della casa di Pasolini a Rebibbia — solo per citare tre casi recentissimi — restituiscono un quadro complesso della situazione degli spazi sociali di questa città.
Roma è una città di culture diffuse elaborate, prodotte e diffuse da una molteplicità di soggetti collettivi che provano a contrastare il degrado del senso comune e resistere alle crisi sociale, sanitaria, economica. La cittadinanza consapevole e lo sviluppo sostenibile sono legati in maniera indissolubile alla capacità di azione di questi soggetti di produzione di cultura, mutualismo e conoscenza anche utilizzando i nuovi strumenti della coprogrammazione e della coprogettazione per venire a capo della cronica frammentazione dell’offerta, dello squilibrio fra centro e periferia, della carenza di spazi e risorse.
Cultura, mutualismo e creatività sono parole chiave per la ricucitura del tessuto sociale e per la produzione di reddito.
Durante la pandemia, a fronte della drammatica chiusura degli spazi per lo spettacolo dal vivo e la socialità, questo patrimonio di culture diffuse è riuscito sia a riconvertire le energie, le risorse umane e anche gli spazi in progetti di mutualismo, sia a tessere la rete tra i coordinamenti per l’elaborazione progettuale e politica. Ma la cultura ha bisogno di spazi certi perché possa prendersi i suoi tempi e costruire inclusione, conoscenza, confronto e divertimento.
La disuguaglianza non è solo tra ricchi e poveri, centro e periferia ma tra realtà e istituzioni culturali forti, da un lato, con finanziamenti sicuri e ritorni di mercato, e piccole istituzioni dal basso, sociali, teatrali, ricreative, artistiche che operano in territori di frontiera svolgendo una funzione insostituibile contro la desertificazione e spesso, troppo spesso, di supplenza rispetto alle istituzioni, alla scuola ecc…
Le tremila associazioni socio-culturali attive in città coinvolgono almeno 600mila cittadini nelle loro attività (spettacoli, concerti, percorsi formativi, mostre, proiezioni, arti visive, letture, incontri intergenerazionali, teatro integrato, attività per bambini) e 25mila tra lavoratori e artisti. Bene, questo mondo deve essere riconosciuto subito, oggi, riconoscendone il valore socio-culturale. Va subito cancellata la delibera 140, scritta male e ancor peggio portata in attuazione.
Un pezzo importante della relazione tra i nostri circuiti e Roma Capitale può essere imperniato sui temi del riuso e della rigenerazione del patrimonio inutilizzato e abbandonato e dei beni confiscati alle cosche. Ma la precondizione, per tutto questo, è la mobilitazione permanente, il mutuo soccorso, l’elaborazione di una piattaforma comune.